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Lampada a led-MOLLETTA: il ready made versione design con Sungho Lee

Un vecchio oggetto quotidiano totalmente trasformato al semplice tocco della tecnologia! Da molletta a lampada a led: ecco cos’ha pensato di inventare il progettista coreano Sungho Lee. Per realizzare questo stravagante corpicino di luce Lee si è servito del tradizionale strumento per la biancheria pitturandolo a nuovo ed estrapolandolo dall’immaginario comune per rinnovarne funzione e scopo d’essere.   

E’ bastato integrare una batteria funzionante a LED (diodo emettitore di luce) dove la molletta fa da gancio sulla biancheria per ottenere una vera e propria opera di ready made!

Ripensare un oggetto preso dall’immaginario comune: ecco in sintesi la capacità più peculiare scovata in questo progettista di lampade a led. 

La normalità non esiste, o meglio viene estrapolata dal suo ordinario contesto per rendere ciò che è comune e noto a tutti, straordinario e ignoto oggetto, capace di stupire e far sorridere.

Sungho Lee è un designer legato al movimento novecentesco d’avanguardia denominato READY MADE.

Strumenti banali, privi di alcuna estetica, vengono rivisitati, rivestiti a nuovo, divengono opere d’arte: è l’autore che lo decide, il vero creatore è lui.

Si spezza così ogni legame col reale, o meglio si cerca di esternare il segreto potenziale delle cose: gli oggetti sono ciò che sono perchè l’uomo li ha resi tali. E dunque è il genio dell’umanità che può manipolarle come crede reinventandoli ogni volta lo ritenga opportuno, secondo il suo bisogno funzionale ma soprattutto creativo.

La fantasia dell’artista, o forse solo la sua firma, costringe la realtà a modificarsi in una soggettiva e personalissima immagine della stessa. Il sogno vince il reale e lo trafigge.

Di certo opere come quelle di Lee permettono di cogliere nell’arte una eccezionale e unica capacità: ella apre lo sguardo dell’osservatore a ciò che i suoi stanchi occhi non coglierebbero mai, annebbiati e abituati ad accontentarsi della sola apparenza. Qst oggetti costringono a ricercare un più in là, obbligandoci a una ricerca seria del vero.

Breve approfondimento sul Ready-made

FONTE: tratto a Wikipedia, l’enciclopedia libera.

Il termine ready-made (traducibile come “instantaneo”, “detto-fatto”…) è utilizzato per descrivere un’opera d’arte ottenuta da oggetti per lo più appartenenti alla realtà quotidiana, lontani dal sentimentalismo e dall’affezione, che possono essere modificati (in questo caso si parla di ready-made rettificato) o meno.

L’inventore del ready-made fu il dadaista Marcel Duchamp nei primi decenni del Novecento ed ancora oggi è una pratica molto usata (nelle sue varie evoluzioni) nell’arte contemporanea.

Il ready-made dunque è un comune manufatto di uso quotidiano (un attaccapanni, uno scolabottiglie, un orinatoio, ecc.) che assurge ad opera d’arte una volta prelevato dall’artista e posto così com’è in una situazione diversa da quella di utilizzo, che gli sarebbe propria (in questo caso un museo o una galleria d’arte). Il valore aggiunto dell’artista è l’operazione di scelta, o anche di individuazione casuale dell’oggetto, di acquisizione e di isolamento dell’oggetto.

Ciò che a quel punto rende l’oggetto comune e banale (si pensi alla latrina capovolta che Duchamp intitolerà “Fontana”) un’opera d’arte, è il riconoscimento da parte del pubblico del ruolo dell’artista. L’idea di conferire dignità ad oggetti comuni fu inizialmente un forte colpo nei confronti della distinzione tradizionale, comunemente accettata e radicata, tra ciò che poteva definirsi arte e ciò che non lo era. Nonostante ai nostri tempi questa pratica sia ampiamente accettata dalla comunità artistica, continua a destare l’ostilità dei media e del pubblico.

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